I trucchi del mestiere
Come
imparare le tecniche base per poter diventare scrittori di gialli, noir
e thriller. Una cassetta degli attrezzi indispensabili per affrontare
la sfida.
Revisione del corso qui proposto nel 2019
Trentunesima lezione
I
dialoghi - 2
Avete
provato a fare l'esercizio di dialogo tra due ipotetici personaggi da
me proposto nella puntata precedente? Se sì, siete entrati nel merito
del problema: come rendere vivi colloqui tra personaggi inventati dalla
vostra fantasia, col loro carattere, i
difetti, le loro abilità, i loro problemi e aspirazioni.
“Vivono” in un contesto
realistico e sono figli della loro epoca: il rispetto di questi elementi rende credibili
i dialoghi e i personaggi al lettore. Se nella figura sopra invece dei grattaceli ci fossero le case in pietra di un pesino montano degli appennini la cosa sarebbe diversa: che ci fa lì un tipo con in testa un Borsalino e con la pipa? E' in vacanza?...
Ma è meglio vedere un esempio.
Ricordate l’incontro, il
primo tra Marlowe e la figlia minore del Generale Sternwood nel romanzo (va bene anche il film) Il grande sonno?
Carmen:
Siete
alto, eh?
Philip:
Non lo faccio apposta.
Gli occhi le si dilatarono. Era sconcertata.
Rifletteva. Non ci si conosceva da molto tempo,
ma ero già sicuro che la riflessione non fosse esattamente il suo forte.
Carmen:
Siete bello. E
scommetto che lo sapete.
Solo
sei righe: tre di descrizione e tre di dialogo, ma aprono lo scenario in modo
geniale. Vediamo di individuare e
sottolineare alcuni punti fermi. Chi sono questi due?
P.M.:
Un cinico, navigato, investigatore privato, ne ha viste di tutti i colori, è un professionista,
sa che per campare deve lavorare duro (è un duro: il lavoro nobilita l’uomo),
non si fida molto delle donne, da cui però è attratto. In quel momento ha
bisogno di lavorare.
C.S.:
Giovane ragazza dell’alta borghesia, viziata e anche usa a vizi estremi: sesso
e droga. Il padre, troppo anziano non riesce né a controllarla, né ad
indirizzarla. In quel momento, come quasi sempre, ha bisogno di distrazioni.
Location:
Los Angeles negli anni quaranta, città caotica e molto frequentata da malavitosi.
Cosa ha fatto l’autore? Non possiamo saperlo. Non c’è una
regola, né una formula vincente. Io faccio così: cerco di far dire al primo che
parla la cosa “più giusta” possibile.
Senza fretta, senza pietà. Poi può essere utile (alle prime battute) rileggere
la frase, a voce alta, col tono con cui credete possa essere detta. Più volte e
riscrivete finché non vi sembra ok. La prima frase innesca le altre degli altri
personaggi … poi tutto è conseguente e più facile.
Ricordate
che un dialogo serve a due cose più una. La prima volta a far conoscere i
personaggi, poi a dare indicazioni utili allo svolgimento dell’indagine, sempre
a rendere più agile e godibile la prosa: se la
rende più pesante o noiosa è un dialogo inutile!
Cosa non fare:
evitare il più possibile le formule di saluto (nella prima
vignetta storica di Dick Tracy un errore rimarchevole!), meglio un “lo
salutò” (evitate però "lo apostrofò"!!!) che
un “Buongiorno Mr. Trueheart”! Evitare i “poffarbacco”,
“perdirindindina”, “oh cielo!”,
cioè le formule abusate nella cattiva letteratura del novecento, a meno
che non
sia Tex (o Sandokan) a pronunciarle “corpo di mille
bombarde!”, fanno ridere… Tutte le frasi che non sentite al bar, dal
fruttivendolo o al supermercato sono da evitare!
Non
usate termini forbiti, a meno che non servano a caratterizzare il personaggio,
ma vi assicuro che Einstein (quando ancora non faceva una spesa intelligente!) parlava in modo semplice ed era capito dalla gente comune.
Morale della favola i dialogi vanno ridotti all'essenziale, ma devono essere di semplice quotidianità nel rispetto dei caratteri che avete costruito!
Morale della favola i dialogi vanno ridotti all'essenziale, ma devono essere di semplice quotidianità nel rispetto dei caratteri che avete costruito!








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