lunedì 20 gennaio 2020

Librialcinema (XI)


Romanzi gialli al cinema 

influenze della letteratura
sui film gialli e noir 


Parte XI


L'era di Raymond (parte I )
D'Artagnan, Raymond Chandler era geniale, ma discontinuo. E' molto amato come autore e molto criticato come persona. Io lo definisco un autore "bipolare": uno a cui non tutte le ciambelle riuscivano col buco! Soprattutto se osi impastarle col Bourbon!
Nel 1943, esce in libreria The lady in the Lake il quarto romanzo.     L'autore, ormai alla sua prima profonda crisi, tra un bicchiere di superalcolico e l'altro, rimpasta, arrangia e miscela a 43°, come suo uso e costume, alcuni racconti precedenti  usciti, per motivi "alimentari" sulle riviste "dime".


Da un paio d'anni è in crisi, esistenziale e creativa, bisognerà attendere due lustri prima di poter leggere un altro capolavoro!
Nel 1947, sulla scia del suo primo grande romanzo, viene realizzato un film assai deludente e, per la gioia di tutti,  presto dimenticato.

Ma non si può ricominciare da tre, occorre riprendere da capo!
Aveva, per campare, già scritto molti racconti per riviste popolari. Noi riprendiamo dal 1939, è l'anno della pubblicazione del capolavoro, The Big Sleep.  


E' il suo primo romanzo, e uno dei pochi di stesura completamente originale: poi rimpastò spesso precedenti racconti con risultati alterni.  Il successo gli procurò  un contratto come sceneggiatore con la Paramount a partire dal 1943. In seguito   scrisse nove romanzi, di cui uno incompiuto, e varie sceneggiature per Hollywood tra cui la più importante è La fiamma del peccato (di Billy Wilder, che però molto lo ha criticato in una sua intervista) nel 1944. Precipitato nel tunnel dell'alcolismo, tentò il suicidio nel 1955, un anno dopo la morte della moglie, Cissy Pascal. Prima di aver ultimato l'ottavo romanzo della saga di Philip Marlowe, morì di   nel 1959.  



Nel 1946 segue il film omonimo The Big Sleep   diretto da Howard Hawks  e interpretato da Humphrey Bogart   e Lauren Bacall.
Il titolo si riferisce alla morte (che è un "grande sonno") e non è citato in nessuna battuta del film, bensì è la frase finale del romanzo.  
Nel 1997  è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry  della Biblioteca del Congresso   degli Stati Uniti.
Esiste un remake inglese del 1978, bello ma non un capolavoro: Marlowe indaga.

 




La trama è nota:   Philip Marlowe, private eye, è assunto dal generale Sternwood per scoprire chi ricatta la figlia minore Carmen per i suoi debiti di gioco.


Presto il caso diventa più complesso, e viene coinvolta anche la figlia maggiore Vivian. Marlowe, deciso a fare luce sulla scomparsa del giovane Sean Regan, entra in un'atmosfera morbosa di complotto e seduzione tra ricatti, omicidi, furti e bische clandestine, che non ha uguali nella storia del genere.


Humphrey Bogart, con una recitazione efficace e scarna, esalta il personaggio di Philip Marlowe. Detective forte, ma solitario e malinconico, è stato tra le migliori creazioni della letteratura poliziesca. E' valorizzato anche dallo stile asciutto del regista Howard Hawk.


Splendida la giovane Bacall al suo esordio come attrice protagonista. Per cui il discorso sul doppio carta-pellicola può essere affrontato con lei. La Bacall ci mette qualcosa di suo e rende il personaggio cinematografico  più ricco di sfumature rispetto a quello sulla carta. La figlia maggiore del generale, nel libro, ha preso le redini della famiglia, la sua ambiguità viene dal ruolo. Nel film l'attrice è troppo bella pe esser vera, prima ambiguità, poi gli sguardi. c'è un'ombra indecifrabile in quelle occhiate. Chissà perché?
Per tornare al film, celebre è la scena finale del film, quando Marlowe sfida il capo del racket Eddie Mars: il detective, nelle sue debolezze di uomo duro e solitario, sembra vacillare, ma non molla la presa.


Pur con gli spettatori attanagliati dal dubbio "Che ci fa Sam Spade qui?", il successo è strepitoso. Le file degli spettatori davanti al botteghino dei cinema dettero lu sturo ad altre edizioni del romanzo che fu tradotto in decine di lingue.




Memorabile rimane la traduzione di Oreste Del Buono, considerato, oggi, lo "sdoganatore" del genere noir!

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