Quando il cuoco
indaga
storie conviviali
per ragazzi d'ogni età
offerte da
Oscar Montani
(08)
Oscar Montani
(08)
Quattro
Secondi robusti
(Seconda parte)
In missione
Fritz non si aspettava
discorsi e incitamenti particolari, ma cadere così in basso! Per vincere la
frustrazione uscì di corsa e prese un taxi al volo. Senza accorgersene aveva
fatto un fischio con le dita che Marlowe non si sognava neppure: quello l’aveva
imparato da un pastore sulle alpi quando aveva sei anni. La cosa gli dette
sicurezza.
Leonard Rubinstein
l’aspettava all’ingresso. Aprì una porta di servizio col passepartout e lo
condusse alla camera 2707. Il grande cuoco, disteso sul letto, era sorvegliato
dal poliziotto dell’Hotel.
« E’ Pierre Gerard
Baguette, l’ex cuoco di Walt Disney. Una tragedia: appena si saprà si scatenerà
un putiferio. Già i giornalisti non fanno che chiedere come mai giù non si è
visto. »
« Come hanno fatto a
drogarlo? »
« Con una puntura, ma
prima è stato stordito con un colpo. »
« Dove è stato
colpito? »
« Alla testa con una
padella di ghisa. Quella. »
Solo allora Fritz notò
la padella. Prima non l’aveva vista perché era mezza infilata sotto la
poltrona. Nel trench, chissà perché, aveva un paio di guanti. Se l’infilò. Si
sentì ancora più sicuro.
Rubinstein si fece da
parte.
« Lei fa anche il
detective per il signor Nero Wolfe? »
« No, solo il cuoco,
ma sa... a forza di sentire e di vedere, s’imparano tante cose... »
Sorrise sarcastico.
« Eh, non c’è niente
di peggio che le cattive compagnie! »
Sollevò la padella e
l’esaminò per bene. Non era nuova. Annusò l’interno. La ghisa conserva sempre
buoni odori e poi c’è una regola fondamentale: mai lavare la ghisa col sapone.
Riconobbe l’odore, un odore che gli fece tornare in testa un mucchio di
ricordi, ma non disse niente. Lentamente la rimise al suo posto. Si alzò e si
guardò intorno.
« Dov’è la borsa con
gli attrezzi da cucina? »
Il poliziotto gli
mostrò una grande borsa che stava nel ripostiglio.
« Intende questa? »
« Sì, la apra per
favore. »
Dentro c’era una
padella di ghisa, una pentola di alluminio, un pentolini, una tazza e coltelli,
mestoli e forchette. In fondo una padella di alluminio. Fritz estrasse dalla
borsa la padella di ghisa e l’annusò: sapeva di frittelle. Non disse niente
neppure questa volta.
« Scusi signor
Rubinstein, ai cuochi, con l’invito, era stata mandata una lista di attrezzi
che potevano portare per adoperarli durante la gara? »
« Certo: è la prassi. »
« Bene, bene. Credo
che qui abbia visto tutto quello che c’era da vedere. Ora mi può accompagnare
giù in sala, dai cuochi? Tra mezzora inizia la gara. »
Sul palco erano seduti
quattro uomini e solo due donne. Una era la chairman della conferenza, l’altra
l’unica cuoca invitata. Sembra che solo il tre percento di donne riesca a
salire ai vertici di quella difficile professione, ma è solo un’opinione dei
cuochi maschi.
Fritz si avvicinò al
banco. Non perché fosse particolarmente interessato alla tavola rotonda finale:
voleva leggeri i cartellini posti davanti ai relatori. Rimase di stucco: sul
secondo “cavaliere” c’era scritto “Gaston le Poùlet”. Nulla di strano se la persona seduta dietro fosse stato suo
maestro Gaston. E’ vero che erano trascorsi quindici anni, ma non poteva essere
così cambiato e, soprattutto, ringiovanito. Nemmeno la pappa reale della Provenza
con tutte le essenze di lavanda può tanto. Ritornò indietro e si avvicinò a
Rubinstein.
« Il cuoco seduto al
secondo posto è Gaston le Poùlet? »
Leonard Rubinstein era
uomo di mondo, abituato a tutto e a le domande più strane. Non fece una piega.
« Certo, l’ho
conosciuto stamani. »
Fritz schioccò le dita: anche questo se l’era
dimenticato. Lo sapeva fare fin dalle elementari, per far arrabbiare il
maestro. “E’ proprio vero, a forza di
servire un gentiluomo come Nero Wolfe mio sono dimenticato chi sono”,
pensò, ma non disse nulla: bisognava agire e c’era poco tempo. Strinse forte il
braccio di Rubinstein.
« Uno dei due piatti
da preparare è a sorpresa vero? Lo direte solo alla fine. »
« Come da regolamento.
»
« Allora due cose: il
piatto a sorpresa lo decido io e poi voglio partecipare alla gara al posto di
Pierre Gerard Baguette. Il suo tavolo attrezzato sarà sempre lì, non è
vero? Bene dica che mi ha mandato lui in
sua sostituzione, ma lo dica all’ultimo momento. Io entrerò in scena solo
quando tutti saranno già pronti. »
Rubinstein questa
volta non rispose per via della sorpresa: finalmente qualcuno l’aveva veramente
sorpreso. Non era finita.
« Mi faccia portare la
borsa, ma soprattutto voglio la padella che è sotto la poltrona. »
« Ma... è l’arma del
delitto. »
« Lei mi paga perché
scopra l’assassino o per stare a sentire dei discorsi inutili? »
Rubinstein fece cenno
di sì. Fritz lo pregò di prendere appunti e gli dettò una lista di ingredienti
con indicate le quantità sufficienti per tutti i concorrenti. Quando i
fattorini si furono avviati a cercare le cose richieste Fritz dette indicazioni
per la giuria. Noirso non c’era altro da fare
che partecipare alla gara.
Quando l’occhio di bue
lo illuminò, dopo che Rubinstein l’aveva presentato Fritz non vide più niente:
quell’attrezzo dannato sparava una luce accecante che ti isolava dal resto del
mondo. Per fortuna che per tre secondi, prima che il fascio luminoso
l’investisse, aveva potuto vedere l’espressione falsa di Gaston le Poùlet. Gli
bastava.
“Petti d’oca al vino del Perigord”: questo il piatto segreto della gara. I cuochi
ricevuti i vassoi con gli ingredienti si misero al lavoro.
Un’ora dopo i piatti
erano disposti sul tavolo della giuria. Arrivò il momento dell’assaggio dei
petti d’oca preparati dal sedicente
Baguette. Il portavoce della giuria, dopo attento consultò si espresse.
« Non sono ben
rosolati come si dovrebbe: “l’esterno è bruciacchiato e l’interno risulta un
po’ crudo”. Ci avrei scommesso quando ho visto che adoperava la padella d’allumino,
quella per mantecare. Perché non ha
usato la padella di ghisa? »
Il cuoco allargò le
braccia. Stava per rispondere qualche scusa, quando Fritz intervenne.
« Chiedete perché,
signori della giuria? Ci sono due motivi. Il primo è che questo signore, che
dice d’essere Gaston le Poùlet, non credo sia nemmeno francese e,
probabilmente, non sa niente di come, nel Perigord, i petti d’oca vengano
saltati in padella. Ovviamente in una padella di ghisa. »
Si rivolse al
poliziotto dell’Hotel.
« Credo sia meglio che
l’arresti, sentendo quello che sto per dire potrebbe tentare la fuga. »
Allo scatto delle
manette, Fritz, rivolto verso la giuria, riprese.
« Perché non ha usato
la padella di ghisa? Se anche avesse saputo che è di rigore, coi petti d’oca, non avrebbe potuto: non l’aveva con
se. L’aveva tirata in testa a Pierre Gerard Baguette. Lui - il poveretto è
stato anche drogato - giace come morto in una camera al 27° piano. Unica colpa
aver smascherato il falso Poùlet. Peccato che anch’io conosca benissimo Poùlet.
»
Fritz si voltò verso
il falso cuoco.
« Perché l’hai fatto
sciagurato? Mica avrai fatto del male al vero Poùlet? Non credo che te lo
perdonerei. »
Fritz mangiava beato
mentre Wolfe e Goodwin pendevano dalle sue labbra.
« Allora... ? »
« Non siate
impazienti. Non sopporto i bambini che sollecitano chi gli racconta le favole. »
Bevve un sorso di vino
rosso e poi si decise.
« Nella padella avevo
riconosciuto l’odore dei petti d’oca: è stato facile. Gaston le Poùlet sta
bene: l’ho liberato io stesso un’ora dopo. Quel furfante l’aveva rapito e
rapinato. Poi vedendo l’invito capiì che un mestolo e un forchettone d’oro – i
premi – potevano valere un sacco di Dollari. Notò anche la borsa con le padelle e decise di partecipare alla gara, pensando che
tre anni di esperienza come cuoco su un peschereccio gli sarebbero bastati per
introdursi e rubare i due attrezzi d’oro. Appena entrato nella sala Rubinstein
fece le presentazioni. Pierre Gerard Baguette lo notò subito e gli chiese
spiegazioni. Il ladro aveva la camera allo stesso piano: chiese un colloquio
privato e lo colpì con la padella di ghisa. »
Fritz aveva terminato
il suo parco pasto basato su le “salsicce mezzanotte”, la ricetta preferita di
Nero Wolfe, che lui, cuoco di scuola francese, aborriva. Fece un’espressione
appagata e soddisfatta.
« Chi le ha cucinate? »
Wolfe gonfiò il petto.
« Io. »
Fritz con una
forchetta arpionò una salsiccia.
« In cucina c’è una
padella di ghisa. Peccato non l’abbia usata. »
Alzò l’arpione e mostrò la salsiccia a Wolfe.
« Vede capo: “L’esterno è bruciacchiato e l’interno -
mi creda - risulta un po’ crudo”. »
Mirko mostrò tutto il suo interesse.
« Ed ora, Pino, tira fuori i petti d’oca(*)!
»
« Non sono previsti dal menu. »
« Allora hai cucinato le “salsicce mezzanotte(*)”!
»
« Figurati, sono pesantissime. Per niente adatte per
chi è a dieta: faresti la mezzanotte in
bianco. »
« Però Pino! Avevo capito che funzionava così: dopo ogni storia, poi si mangia quello che
c’è nel racconto? »
« Certo. »
« Allora scuci i petti. »
« A dire la verità io ho preparato delle crêpe
susette senza glutine. »
« Che c’entrano, sono dolci! »
« Te le darò dopo un primo e un secondo di roba
leggera, ma ti voglio ricordare che se n’è parlato e poi... se ti ricordi,
anche Sherlock Holmes le aveva promesse. »
(*) Gli ingredienti dei piatti
apparsi nel racconto.
Petti d’oca in padella: petto d’oca, porri, carote, scalogne,
pomodorini, burro, vino passito secco burro, del Perigord, sale, pepe e... una padella di
ghisa.
Salsicce
mezzanotte: Cipolla - aglio - grasso d’oca - brandy -
vino rosso - brodo di manzo - timo - rosmarino - zenzero - noce moscata -
chiodo di garofano - pane grattugiato - bacon - lonza - oca - fagiano - sale -
pepe nero - noccioline di pistacchio - intestini di maiale.
Nessun commento:
Posta un commento