giovedì 16 aprile 2020

CUOCOINDAGA (08)


Quando il cuoco
indaga


storie conviviali  

per ragazzi d'ogni età
offerte da
Oscar Montani
(08)
Quattro

Secondi robusti
(Seconda parte)


In missione
Fritz non si aspettava discorsi e incitamenti particolari, ma cadere così in basso! Per vincere la frustrazione uscì di corsa e prese un taxi al volo. Senza accorgersene aveva fatto un fischio con le dita che Marlowe non si sognava neppure: quello l’aveva imparato da un pastore sulle alpi quando aveva sei anni. La cosa gli dette sicurezza.

Leonard Rubinstein l’aspettava all’ingresso. Aprì una porta di servizio col passepartout e lo condusse alla camera 2707. Il grande cuoco, disteso sul letto, era sorvegliato dal poliziotto dell’Hotel.
« E’ Pierre Gerard Baguette, l’ex cuoco di Walt Disney. Una tragedia: appena si saprà si scatenerà un putiferio. Già i giornalisti non fanno che chiedere come mai giù non si è visto. »
« Come hanno fatto a drogarlo? »
« Con una puntura, ma prima è stato stordito con un colpo. »
« Dove è stato colpito? »
« Alla testa con una padella di ghisa. Quella. »
Solo allora Fritz notò la padella. Prima non l’aveva vista perché era mezza infilata sotto la poltrona. Nel trench, chissà perché, aveva un paio di guanti. Se l’infilò. Si sentì ancora più sicuro.
Rubinstein si fece da parte.
« Lei fa anche il detective per il signor Nero Wolfe? »
« No, solo il cuoco, ma sa... a forza di sentire e di vedere, s’imparano tante cose... »
Sorrise sarcastico.
« Eh, non c’è niente di peggio che le cattive compagnie! »
Sollevò la padella e l’esaminò per bene. Non era nuova. Annusò l’interno. La ghisa conserva sempre buoni odori e poi c’è una regola fondamentale: mai lavare la ghisa col sapone. Riconobbe l’odore, un odore che gli fece tornare in testa un mucchio di ricordi, ma non disse niente. Lentamente la rimise al suo posto. Si alzò e si guardò intorno.
« Dov’è la borsa con gli attrezzi da cucina? »
Il poliziotto gli mostrò una grande borsa che stava nel ripostiglio.
« Intende questa? »
« Sì, la apra per favore. »
Dentro c’era una padella di ghisa, una pentola di alluminio, un pentolini, una tazza e coltelli, mestoli e forchette. In fondo una padella di alluminio. Fritz estrasse dalla borsa la padella di ghisa e l’annusò: sapeva di frittelle. Non disse niente neppure questa volta.
« Scusi signor Rubinstein, ai cuochi, con l’invito, era stata mandata una lista di attrezzi che potevano portare per adoperarli durante la gara? »
« Certo: è la prassi. »
« Bene, bene. Credo che qui abbia visto tutto quello che c’era da vedere. Ora mi può accompagnare giù in sala, dai cuochi? Tra mezzora inizia la gara. »

Sul palco erano seduti quattro uomini e solo due donne. Una era la chairman della conferenza, l’altra l’unica cuoca invitata. Sembra che solo il tre percento di donne riesca a salire ai vertici di quella difficile professione, ma è solo un’opinione dei cuochi maschi.
Fritz si avvicinò al banco. Non perché fosse particolarmente interessato alla tavola rotonda finale: voleva leggeri i cartellini posti davanti ai relatori. Rimase di stucco: sul secondo “cavaliere” c’era scritto “Gaston le Poùlet”. Nulla di strano se    la persona seduta dietro fosse stato suo maestro Gaston. E’ vero che erano trascorsi quindici anni, ma non poteva essere così cambiato e, soprattutto, ringiovanito. Nemmeno la pappa reale della Provenza con tutte le essenze di lavanda può tanto. Ritornò indietro e si avvicinò a Rubinstein.
« Il cuoco seduto al secondo posto è Gaston le Poùlet? »
Leonard Rubinstein era uomo di mondo, abituato a tutto e a le domande più strane. Non fece una piega.
« Certo, l’ho conosciuto stamani. »
Fritz  schioccò le dita: anche questo se l’era dimenticato. Lo sapeva fare fin dalle elementari, per far arrabbiare il maestro. “E’ proprio vero, a forza di servire un gentiluomo come Nero Wolfe mio sono dimenticato chi sono”, pensò, ma non disse nulla: bisognava agire e c’era poco tempo. Strinse forte il braccio di Rubinstein.
« Uno dei due piatti da preparare è a sorpresa vero? Lo direte solo alla fine. »
« Come da regolamento. »
« Allora due cose: il piatto a sorpresa lo decido io e poi voglio partecipare alla gara al posto di Pierre Gerard Baguette. Il suo tavolo attrezzato sarà sempre lì, non è vero?  Bene dica che mi ha mandato lui in sua sostituzione, ma lo dica all’ultimo momento. Io entrerò in scena solo quando tutti saranno già pronti. »
Rubinstein questa volta non rispose per via della sorpresa: finalmente qualcuno l’aveva veramente sorpreso. Non era finita.
« Mi faccia portare la borsa, ma soprattutto voglio la padella che è sotto la poltrona. »
« Ma... è l’arma del delitto. »
« Lei mi paga perché scopra l’assassino o per stare a sentire dei discorsi inutili? »
Rubinstein fece cenno di sì. Fritz lo pregò di prendere appunti e gli dettò una lista di ingredienti con indicate le quantità sufficienti per tutti i concorrenti. Quando i fattorini si furono avviati a cercare le cose richieste Fritz dette indicazioni per la giuria. Noirso non c’era altro da fare  che partecipare alla gara.
Quando l’occhio di bue lo illuminò, dopo che Rubinstein l’aveva presentato Fritz non vide più niente: quell’attrezzo dannato sparava una luce accecante che ti isolava dal resto del mondo. Per fortuna che per tre secondi, prima che il fascio luminoso l’investisse, aveva potuto vedere l’espressione falsa di Gaston le Poùlet. Gli bastava.


“Petti d’oca al vino del Perigord”: questo il piatto segreto della gara. I cuochi ricevuti i vassoi con gli ingredienti si misero al lavoro.
Un’ora dopo i piatti erano disposti sul tavolo della giuria. Arrivò il momento dell’assaggio dei petti d’oca preparati dal sedicente   Baguette. Il portavoce della giuria, dopo attento consultò si espresse.
« Non sono ben rosolati come si dovrebbe: “l’esterno è bruciacchiato e l’interno risulta un po’ crudo”. Ci avrei scommesso quando ho visto che adoperava la padella d’allumino, quella per mantecare.  Perché non ha usato la padella di ghisa? »
Il cuoco allargò le braccia. Stava per rispondere qualche scusa, quando Fritz intervenne.
« Chiedete perché, signori della giuria? Ci sono due motivi. Il primo è che questo signore, che dice d’essere Gaston le Poùlet, non credo sia nemmeno francese e, probabilmente, non sa niente di come, nel Perigord, i petti d’oca vengano saltati in padella. Ovviamente in una padella di ghisa. »
Si rivolse al poliziotto dell’Hotel.
« Credo sia meglio che l’arresti, sentendo quello che sto per dire potrebbe tentare la fuga. »
Allo scatto delle manette, Fritz, rivolto verso la giuria, riprese.
« Perché non ha usato la padella di ghisa? Se anche avesse saputo che è di rigore, coi petti  d’oca, non avrebbe potuto: non l’aveva con se. L’aveva tirata in testa a Pierre Gerard Baguette. Lui - il poveretto è stato anche drogato - giace come morto in una camera al 27° piano. Unica colpa aver smascherato il falso Poùlet. Peccato che anch’io conosca benissimo Poùlet. »
Fritz si voltò verso il falso cuoco.
« Perché l’hai fatto sciagurato? Mica avrai fatto del male al vero Poùlet? Non credo che te lo perdonerei. »

Fritz mangiava beato mentre Wolfe e Goodwin pendevano dalle sue labbra.
« Allora... ? »
« Non siate impazienti. Non sopporto i bambini che sollecitano chi gli racconta le favole. »
Bevve un sorso di vino rosso e poi si decise.
« Nella padella avevo riconosciuto l’odore dei petti d’oca: è stato facile. Gaston le Poùlet sta bene: l’ho liberato io stesso un’ora dopo. Quel furfante l’aveva rapito e rapinato. Poi vedendo l’invito capiì che un mestolo e un forchettone d’oro – i premi – potevano valere un sacco di Dollari. Notò anche  la borsa con le padelle e  decise di partecipare alla gara, pensando che tre anni di esperienza come cuoco su un peschereccio gli sarebbero bastati per introdursi e rubare i due attrezzi d’oro. Appena entrato nella sala Rubinstein fece le presentazioni. Pierre Gerard Baguette lo notò subito e gli chiese spiegazioni. Il ladro aveva la camera allo stesso piano: chiese un colloquio privato e lo colpì con la padella di ghisa. »
Fritz aveva terminato il suo parco pasto basato su le “salsicce mezzanotte”, la ricetta preferita di Nero Wolfe, che lui, cuoco di scuola francese, aborriva. Fece un’espressione appagata e soddisfatta.
« Chi le ha cucinate? »
Wolfe gonfiò il petto.
« Io. »
Fritz con una forchetta arpionò una salsiccia.
« In cucina c’è una padella di ghisa. Peccato non l’abbia usata. »
Alzò l’arpione e   mostrò la salsiccia a Wolfe.
« Vede capo: “L’esterno è bruciacchiato e l’interno - mi creda - risulta un po’ crudo”. »



Mirko mostrò tutto il suo  interesse.
« Ed ora, Pino, tira fuori i petti d’oca(*)! »
« Non sono previsti dal menu. »
« Allora hai cucinato le “salsicce mezzanotte(*)”! »
« Figurati, sono pesantissime. Per niente adatte per chi è  a dieta: faresti la mezzanotte in bianco. »
« Però Pino! Avevo capito che funzionava così:  dopo ogni storia, poi si mangia quello che c’è nel racconto? »
« Certo. »
« Allora scuci i petti. »
« A dire la verità io ho preparato delle crêpe susette senza glutine. »
« Che c’entrano, sono dolci! »
« Te le darò dopo un primo e un secondo di roba leggera, ma ti voglio ricordare che se n’è parlato e poi... se ti ricordi, anche Sherlock Holmes le aveva promesse. »


(*) Gli ingredienti dei piatti apparsi nel racconto.
Petti d’oca in padella: petto d’oca, porri, carote, scalogne, pomodorini, burro, vino passito secco burro,  del Perigord, sale, pepe e... una padella di ghisa.
Salsicce mezzanotte: Cipolla - aglio - grasso d’oca - brandy - vino rosso - brodo di manzo - timo - rosmarino - zenzero - noce moscata - chiodo di garofano - pane grattugiato - bacon - lonza - oca - fagiano - sale - pepe nero - noccioline di pistacchio - intestini di maiale.





  

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