Quando il cuoco
indaga
storie conviviali
per ragazzi d'ogni età
offerte da
Oscar Montani
(11)
Oscar Montani
(11)
Sei
Dolci
La torta a forma di scudo
Era la sera dell’ennesimo giorno, negli occhi delle
bambine, c’era una gran voglia di uscire e di dolci. Non avevo promesso niente,
ma in certe situazioni, ai bambini serve per distrarsi, e forse se lo
aspettano. Lo suggerii a Pino, che da bravo ragazzo si fece avanti.
« Scommetto che vi piacerebbe mangiare un dolce! »
Samantha mi sorrise.
« Pino, ci si contava e... anche su una storia! »
« Un’altra! Ne avete già sentite due. E poi, via: per
il dolce? Lucie, non sarai di poco appetito anche coi dolci? »
Lucie, fece un’espressione furbetta.
« Eh, Pino, i patti... ».
Già l'avevo messo di mezzo. Dovevo intervenire in suo
soccorso.
« Mi sa che dovrò chiedere alla tua mamma, se lo fa
anche coi dolci. Comunque una storia ce l’avrei io. Prima o durante il dolce? »
« Prima. Se no, ci si distrae, e così Pino lavora
tranquillo! »
Problemi di
precariato
Giuseppe era un
precario: cuoco precario a Milano. Molto flessibile e quasi sempre disoccupato:
di quelli che si chiamano all’ultimo minuto per un catering. Battesimi, comunioni e compleanni; se proprio andava di
lusso nozze d’argento. Una sola volta gli era capitato un matrimonio, di due
cinesi, in un casale rustico ad ovest di Tradate, con vista sulla tangenziale.
Quando squillò il
cellulare pensò a un creditore: ormai erano le quattro di sabato pomeriggio.
Era Bruno, una guardia giurata suo amico. Garantiva sicurezza ai ristoranti ed
agli alberghi: spesso, all’ultimo
minuto, gli trovava un lavoro.
« Beppe, prendi i
panni da cuoco, quelli di lusso col cappello alto, e vai in Via Santo Spirito
al n. 7: ti aspettano alla Terrazza dei Cavalieri. »
« Mi prendi in giro? E’
il ristorante più “in” d’Italia. Sulle
guide ha tre cappelli.... E’ lì dal 1677:
alla porta ci sono più targhe che sul petto di un generale. Che vogliono da me?
»
« Vogliono uno che
sappia stare ai fornelli: è un’emergenza. Due cuochi hanno avuto un incidente e
sono all’ospedale. E’ per stasera e basta, ma
mi raccomando. »
Beppe tirò fuori
dall’armadio le casacche nuove e due cappelli alti da cordon bleu. Ficcò tutto nella borsa taroccata Louis Vuitton:
voleva far bella figura. Si mise la giacca scura e poi via di corsa.
In cima al terzo
gradino un tipo con un cappello da capostazione e una livrea amaranto coi gradi da maresciallo gli
sbarrò la strada.
« Dove crederesti di
andare? »
« Sono l’aiuto cuoco.
Mi hanno chiamato per una sostituzione. »
Dentro, dietro la
vetrata di cristallo, si formò un gruppo. Come fossero azionati da un
telecomando un giovane in livrea, due ragazze bionde vestite
di scuro e una signora mora con una giacca amaranto si schierarono. Quella
barriera umana non prometteva niente di buono.
Il “maresciallo”
scosse la testa. In venti anni di carriera alla Terrazza un cuoco così spaesato
non l’aveva mai visto. “Meno male che non
è dell’est” pensò, mentre alzava la mano per indicare a sinistra.
« Va bene, ma non
penserai d’entrare dal portone
principale. Gira dietro l’angolo: c’è una porta. E’ da lì che passa il
personale. Cambiati subito e presentati a Frederich lo chef. »
Frederich lo scrutò da
capo a piedi con disappunto, arricciò anche il naso. Dietro di lui nove
camerieri, il vice chef, due capo sala e cinque sommelier arricciarono anche
loro il naso. Giuseppe ci rimase male. Era sicuro di non puzzare d’aglio. Dopo
aver preparato la cena a base di bagna cauda per i vecchi della parrocchia del
Sacro Cuore si era fatto la doccia due volte.
Lo chef si fece ripetere
le sue esperienze. Nella bocca gli rimase la smorfia di repulsione, ma gli
s’era acceso un piccolo spiraglio di speranza negli occhi.
« Ho capito: non sai
cucinare. Però, con tutte quelle festicciole, dovresti almeno saper guarnire le
torte? »
Giuseppe tirò un
sospiro di sollievo.
« Certo, so
anche scrivere auguri. Di tutti i tipi anche... in inglese e disegnare figure di
cioccolato e di sciroppo. »
« Bene, no... volevo
dire “speriamo bene”! »
Frederich aprì una
cartella di pelle nera ed estrasse un foglio.
« Stasera abbiamo tre
compleanni con torta a sorpresa. Devi preparare tre torte: da sei porzioni, da
otto e da quattro. Questo è quello che bisogna scrivere sulle torte. Accanto
alle frasi ci sono i numeri delle porzioni. Col sei: “Alles Gute zum Geburtstag!” e così via. Non fare errori: capito? »
Gli passò la pagina.
Giuseppe si sentiva già male, ma quando aprì il foglio stette subito peggio.
Per via delle due frasi: “Hyvää
syntymäpäivää!” e “Všetko najlepšie!”.
Conosceva solo dieci parole, ma fu subito sicuro: non erano in inglese! Stava
per chiedere che cosa volessero dire, ma
il capo cuoco gli incuteva timore. Ripiegò su una domanda più tecnica
« Le scrivo con la crema?
»
« No, no! Che idea
volgare. Cioccolata, solo cioccolata. Non nera però. Mi raccomando:
all’arancia. Te la darò dopo già pronta da fondere. Non bruciarla. »
Giuseppe aveva ancora
un dubbio.
« Mi scusi, e la
pasta? »
« Quella ne hai quanta
ne vuoi, devi solo tagliarla della forma che preferisci: rotonda, quadrata, a
rombo a scudo. Ci sono forme di tutte le misure. Scegli tu. Anche per
farcire ci sono ripieni di tutti i tipi: decidi tu, ma che siano delicate.
Purtroppo non possiamo seguirti: con due assenti stasera devo cucinare anch’io.
Non dovrai fare altro. Hai tutto il tempo, lavora bene. Ora vieni con me, ti
mostro il locale. Ora non c’è nessuno: più tardi sarebbe impossibile.»
Prima tutta la cucina,
poi le tre grandi sale e sopra un soppalco con una quarta sala: la Terrazza.
Affreschi, quadri d’autore, mobili d’antiquariato e una sirena di bronzo a coda
eretta che si tuffava nel pavimento: emergeva dalle spalle in su. Nella terza
sala da basso, la più grande, lo condusse davanti ad una specie di tabernacolo:
un vano ad arco rifinito in basso da una mensola di marmo rosa del Portogallo.
Giuseppe si accorse con imbarazzo che tutto gruppo li aveva seguiti: erano schierati dietro in
rispettoso silenzio. Dentro il vano, attaccato al muro uno scudo bianco di
porcellana. Sopra aveva disegnata una grande croce rossa a bracci uguali. Nei
quattro campi tra i bracci della croce quattro piccole croci rosse delle stesse
proporzioni. Giuseppe non capiva il raccoglimento religioso del personale.
« Cos’è? »
« Come cos’é? Dove vivi
ragazzo? Sai o no che sei alla Terrazza dei Cavalieri. E’ il simbolo
dell’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Il fondatore di
questo ristorante, Guglielmo Pirroniche de Finisterre era il Gran Cavaliere
della Padania. »
Giuseppe non era
esperto di cavalieri. Conosceva – per averlo visto, di rado, in televisione
- solo quello piccolo di Arcore: pensò
bene di non chiedere altro. Le torte erano più importanti.
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