martedì 21 aprile 2020

CUOCOINDAGA (11)


Quando il cuoco
indaga


storie conviviali  

per ragazzi d'ogni età
offerte da
Oscar Montani
(11)
Sei
Dolci



La torta a forma di scudo


Era la sera dell’ennesimo giorno, negli occhi delle bambine, c’era una gran voglia di uscire e di dolci. Non avevo promesso niente, ma in certe situazioni, ai bambini serve per distrarsi, e forse se lo aspettano. Lo suggerii a Pino, che da bravo ragazzo si fece avanti.
« Scommetto che vi piacerebbe mangiare un dolce! »
Samantha mi sorrise.
« Pino, ci si contava e... anche su una storia! »
« Un’altra! Ne avete già sentite due. E poi, via: per il dolce? Lucie, non sarai di poco appetito anche coi dolci? »
Lucie, fece un’espressione furbetta.
« Eh, Pino, i patti... ».
Già l'avevo messo di mezzo. Dovevo intervenire in suo soccorso.
« Mi sa che dovrò chiedere alla tua mamma, se lo fa anche coi dolci. Comunque una storia ce l’avrei io.  Prima o durante il dolce? »
« Prima. Se no, ci si distrae, e così Pino lavora tranquillo! »



Problemi di precariato
Giuseppe era un precario: cuoco precario a Milano. Molto flessibile e quasi sempre disoccupato: di quelli che si chiamano all’ultimo minuto per un catering. Battesimi, comunioni e compleanni; se proprio andava di lusso nozze d’argento. Una sola volta gli era capitato un matrimonio, di due cinesi, in un casale rustico ad ovest di Tradate, con vista sulla tangenziale.
Quando squillò il cellulare pensò a un creditore: ormai erano le quattro di sabato pomeriggio. Era Bruno, una guardia giurata suo amico. Garantiva sicurezza ai ristoranti ed agli alberghi:  spesso, all’ultimo minuto, gli   trovava un lavoro.
« Beppe, prendi i panni da cuoco, quelli di lusso col cappello alto, e vai in Via Santo Spirito al n. 7: ti aspettano alla Terrazza dei Cavalieri.  »
« Mi prendi in giro? E’ il ristorante più “in” d’Italia. Sulle guide ha  tre cappelli.... E’ lì dal 1677: alla porta ci sono più targhe che sul petto di un generale. Che vogliono da me? »
« Vogliono uno che sappia stare ai fornelli: è un’emergenza. Due cuochi hanno avuto un incidente e sono all’ospedale. E’ per stasera e basta, ma  mi raccomando. »
Beppe tirò fuori dall’armadio le casacche nuove e due cappelli alti da cordon bleu. Ficcò tutto nella borsa taroccata Louis Vuitton: voleva far bella figura. Si mise la giacca scura e poi via di corsa.

In cima al terzo gradino un tipo con un cappello da capostazione e una  livrea amaranto coi gradi da maresciallo gli sbarrò la strada.
« Dove crederesti di andare? »
« Sono l’aiuto cuoco. Mi hanno chiamato per una sostituzione. »
Dentro, dietro la vetrata di cristallo, si formò un gruppo. Come fossero azionati da un telecomando  un  giovane in livrea, due ragazze bionde vestite di scuro e una signora mora con una giacca amaranto si schierarono. Quella barriera umana non prometteva niente di buono.
Il “maresciallo” scosse la testa. In venti anni di carriera alla Terrazza un cuoco così spaesato non l’aveva mai visto. “Meno male che non è dell’est” pensò, mentre alzava la mano per indicare a sinistra.
« Va bene, ma non penserai d’entrare dal  portone principale. Gira dietro l’angolo: c’è una porta. E’ da lì che passa il personale. Cambiati subito e presentati a Frederich lo chef. »

Frederich lo scrutò da capo a piedi con disappunto, arricciò anche il naso. Dietro di lui nove camerieri, il vice chef, due capo sala e cinque sommelier arricciarono anche loro il naso. Giuseppe ci rimase male. Era sicuro di non puzzare d’aglio. Dopo aver preparato la cena a base di bagna cauda per i vecchi della parrocchia del Sacro Cuore si era fatto la doccia due volte.
Lo chef si fece ripetere le sue esperienze. Nella bocca gli rimase la smorfia di repulsione, ma gli s’era acceso un piccolo spiraglio di speranza negli occhi.
« Ho capito: non sai cucinare. Però, con tutte quelle festicciole, dovresti almeno saper guarnire le torte? »
Giuseppe tirò un sospiro di sollievo.
« Certo,   so anche  scrivere auguri. Di tutti i tipi  anche... in inglese e disegnare figure di cioccolato e di sciroppo. »
« Bene, no... volevo dire “speriamo bene”! »
Frederich aprì una cartella di pelle nera ed estrasse un foglio.
« Stasera abbiamo tre compleanni con torta a sorpresa. Devi preparare tre torte: da sei porzioni, da otto e da quattro. Questo è quello che bisogna scrivere sulle torte. Accanto alle frasi ci sono i numeri delle porzioni. Col sei: “Alles Gute zum Geburtstag!”  e così via. Non fare errori: capito? »
Gli passò la pagina. Giuseppe si sentiva già male, ma quando aprì il foglio stette subito peggio. Per via delle due frasi: “Hyvää syntymäpäivää!” e “Všetko najlepšie!”. Conosceva solo dieci parole, ma fu subito sicuro: non erano in inglese! Stava per chiedere che cosa volessero dire, ma  il capo cuoco gli incuteva timore. Ripiegò su una domanda più tecnica
« Le scrivo con la crema? »
« No, no! Che idea volgare. Cioccolata, solo cioccolata. Non nera però. Mi raccomando: all’arancia. Te la darò dopo già pronta da fondere. Non bruciarla. »
Giuseppe aveva ancora un dubbio.
« Mi scusi, e la pasta? »
« Quella ne hai quanta ne vuoi, devi solo tagliarla della forma che preferisci: rotonda, quadrata, a rombo a scudo. Ci sono   forme di tutte le misure. Scegli tu. Anche per farcire ci sono ripieni di tutti i tipi: decidi tu, ma che siano delicate. Purtroppo non possiamo seguirti: con due assenti stasera devo cucinare anch’io. Non dovrai fare altro. Hai tutto il tempo, lavora bene. Ora vieni con me, ti mostro il locale. Ora non c’è nessuno: più tardi sarebbe impossibile.»
Prima tutta la cucina, poi le tre grandi sale e sopra un soppalco con una quarta sala: la Terrazza. Affreschi, quadri d’autore, mobili d’antiquariato e una sirena di bronzo a coda eretta che si tuffava nel pavimento: emergeva dalle spalle in su. Nella terza sala da basso, la più grande, lo condusse davanti ad una specie di tabernacolo: un vano ad arco rifinito in basso da una mensola di marmo rosa del Portogallo.
Giuseppe si  accorse con imbarazzo che tutto gruppo  li aveva seguiti: erano schierati dietro in rispettoso silenzio. Dentro il vano, attaccato al muro uno scudo bianco di porcellana. Sopra aveva disegnata una grande croce rossa a bracci uguali. Nei quattro campi tra i bracci della croce quattro piccole croci rosse delle stesse proporzioni. Giuseppe non capiva il raccoglimento religioso del personale.
« Cos’è? »
« Come cos’é? Dove vivi ragazzo? Sai o no che sei alla Terrazza dei Cavalieri. E’ il simbolo dell’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Il fondatore di questo ristorante, Guglielmo Pirroniche de Finisterre era il Gran Cavaliere della Padania. »
Giuseppe non era esperto di cavalieri. Conosceva – per averlo visto, di rado, in televisione -  solo quello piccolo di Arcore: pensò bene di non chiedere altro. Le torte erano più importanti.




 

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