Dalla carta alla pellicola
Dalla tastiera alla macchina da presa
Il rapporto tra la letteratura di genere giallo e il cinema nella produzione di film che hanno fatto la storia del cinema.
Parte III
Ma cos'è questo noir? Domanda ricorrente che si pose, in forma retorica e per iscritto, anche Umberto Eco.
Uno schema semplice per mostrare che, sempre e comunque quelli di cui parliamo non sono generi (se proprio "generi" vogliamo chiamarli) puri, ma, cosa vera soprattutto per i romanzi, sono invece sempre presenti contaminazioni.
La cosa migliore è lasciar libero il lettore di riconoscere leggendo. Invito invece lo spettatore, di riconoscere i film per analogia. Per ogni sottogenere citerò degli esempi illustri.
Esempi di film Noir:
Il mistero del falco: un pilastro del cinema noir, tratto
da un romanzo capolavoro. Come si può capire dalla cover, osannato in Francia.
Il grande sonno: il più famoso dei noir, punto di riferimento di molti registi successivi. Purtroppo per loro inimitabile.
L'infernale Quinlan: trama un po' scontata ma un capolavoro di tecnica cinematografica e recitazione di altissimo livello.
Il romanzo - La fuga (Dark Passage)
Incipit
Una brutta storia. Parry era innocente. Per giunta, era un tipo a posto, che non aveva mai pestato calli a nessuno e che voleva solo vivere in pace. Ma a suo carico c'era tantissimo e quasi niente a suo favore. La giuria lo dichiarò colpevole. Il giudice li condannò all'ergastolo e lo spedì a San Quentin.
Benché le persone coinvolte non contassero nulla, il processo fu spettacolare e, per molti versi, fece scalpore. Parry aveva trentun anni e guadagnava trentacinque dollari a settimana come impiegato in una società di investimenti di San Francisco. Secondo l'accusa, era stato infelicemente sposato per sedici mesi. Sempre secondo l'accusa, una conoscente del Parry era passata dal loro appartamentino un pomeriggio d'inverno e aveva trovato la signora Parry distesa sul pavimento con al testa fracassata.
Si continua con linguaggio stringente e ritmo incalzante. La suspense sempre presente, nasce dai particolari.
Il film - La fuga (Dark Passage) di Delmer Daves, con Humphrey Bogart e lauren Bacall (1947).
Il film è ancora più stringente. Vincent Perry, accusato dell’assassinio della moglie, è innocente. Vittima di un errore giudiziario sconta la pena in un carcere federale di massima sicurezza. Evade con scaltrezza, si fa aiutare da Irene (incontrata per caso?) e scopre che il suo migliore amico è stato ucciso. Così si fa fare la plastica facciale e, non riconoscibile, va a caccia degli assassini.
Delmer Daves, adatta un romanzo di David Goodis e firma il suo capolavoro: un noir sperimentale girato (scelta geniale) per 64 minuti in soggettiva (prima della plastica facciale!). Bogart è talmente grande da affascinare anche se non lo vediamo per più di un'ora. Lauren Bacall, con guizzi dello sguardo, vive di riflesso la rabbia (Parry è diventato "cattivo" in carcere) del partner “invisibile”. Teso, cupissimo, spietato noir, nonostante l’happy end.
La lunga sequenza iniziale (rivoluzionaria all’epoca), vista con gli occhi del protagonista, coinvolge subito lo spettatore, fin da quando si trova nascosto dentro un bidone dell’immondizia che fa rotolare giù dal camion. Questa sequenza di scene è entrata nella storia del cinema. La faccia del protagonista, all’inizio, la vediamo solo sulle pagine dei giornali, ma poi sarà molto diversa! Vincent resta in ombra o nascosto, come una mummia, dalle bende post operatorie … poi, dopo più di un’ora, ci appare la dura faccia di Bogart!
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