Il western in noir
verso ovest, verso il noir
Parte III
Sfida Infernale
Wyatt Earp è un personaggio che fa parte de mito del west, ma forse tanto mitico non era. Pistolero, sceriffo, imprenditore, consulente cinematografico... Su di lui tante storie e tanti libelli, spesso esagerate fantasie volte a creare ed alimentare il mito.
La storia del duello (ma sembra siano stati due) all’O.K. Corral è una di quelle: controversa e contraddittoria.
Nel film si trasforma nella leggenda di uomini comuni (Wyatt e Doc) che sentono gravare sulle proprie vite la responsabilità di una scelta. Con loro è presente (forse nella realtà) Clementine.
Tra l’est e l’ovest. Al confine di epico e romanzesco. Comunque un uomo in bilico.
il Wyatt Earp di Henry Fonda continua a dondolarsi sulla sedia (James Stewart ci aggiunse un sigaro e una birra fresca: Cavalcarono insieme) oscillando tra la speranza di restare e il desiderio di ritornare. Davanti a lui, sulla via maestra assolata sfilano le ombre del vecchio West.
Da un lato un fratello ucciso, dall’altro l'embrione di un sentimento amoroso per la Darling Clementine (Cathy Down). Sono passati sette anni da Ombre rosse (1939) e John Ford inserisce nel genere western diversi motivi di riflessione: la storia del duello all’O.K. Corral si trasforma nella leggenda di uomini comuni che sentono gravare sulle proprie vite la responsabilità di una scelta. Se da una parte il processo di civilizzazione investe l’ovest come una tempesta inesorabile (vedi Leone in C'era una volta il West), dall’altra questa trasformazione porta in sé il seme di una morte incombente.
Il senso di questa tragedia è rappresentato da uno dei personaggi più potenti di tutto il cinema di John Ford, il Doc Holliday di Victor Mature (spara mentre tossisce e sputa sangue) che ha la statura tragica del principe Amleto e che diventa nel tempo figura germinale per tutti i losers che popoleranno i western crepuscolari.
La storia (semplificata dalla sceneggiatura) di Sfida infernale non è semplicemente quella di un uomo che vuole vendicarsi dell’assassinio del fratello James assumendo il ruolo di sceriffo nella cittadina di Tombstone (nomen-omen), ma è soprattutto il confronto tra due visioni opposte della vita legate dal sentimento verso una medesima donna. Tutto il cinema di John Ford vive di questi dualismi drammatici che riflettono la antinomia tra la libertà di sfondi infiniti e la claustrofobia di recinti che imprigionano le esistenze.
Allo splendore abbagliante della Monument Valley (ingenuamente arricchita da un numero esagerato di cactus: ci sono stato e non ci sono!) subentra una notte cupa in cui si muovono fantasmi, indiani ubriachi, prostitute messicane, attori con amnesie, vecchi assassini, medici con la tubercolosi in fase terminale: la frontiera in disfacimento. Questo il contesto che colora di noir il film.
In questa scena di di tenebra Clementine è un raggio di sole e non a caso la sua prima apparizione avviene in piena luce: lei illumina il volto di Wyatt, mentre quello di Doc diventa più cupo.
Il dualismo tra Wyatt Earp e Doc Holliday è espresso magistralmente in due scene: il primo incontro al bancone del bar dove i due continuano a scambiarsi i ruoli di dominanza e il momento della recita dell’Amleto dove Doc rivela la sua pulsione di morte completando il monologo lasciato interrotto dal vecchio attore Granville Thorndike. Il viso stravolto dagli improvvisi accessi di tosse, la fronte madida di sudore, gli occhi lucidi, sono le stimmate di un uomo che non trova più posto nel nuovo mondo. Wyatt Earp cerca invece di adattarsi alla civiltà sbarbandosi, profumandosi e incarnando una figura di autorità necessaria per traghettare il vecchio nel nuovo.
Gli effetti morali del comportamento di Wyatt sulla comunità si rivelano simbolicamente nella scena del ballo di Wyatt e Clementine (rielaborata da Michael Cimino ne I cancelli del cielo, diventata però una Totentanz!), i cui passi di danza tracciano le coordinate delle fondamenta della chiesa in costruzione. Nel frattempo il maturo patriarca Clanton (Walter Brennan) invece di rappresentare saggezza e onestà si rivela costantemente un personaggio odioso e meschino, capace di frustare i propri figli e di sparare alle spalle. Il duello finale è inevitabile ed è condotto da John Ford con la solita padronanza della grammatica filmica: silenzio spettrale, continui riferimenti a palizzate o transenne in legno che incorniciano gli assediati, gli stessi fucili dei Canton sono orientati in maniera da rendere l’inquadratura una gabbia. Wyatt Earp e i suoi uomini compaiono in campo lungo come angeli sterminatori. Poi il colpo di scena: un frammento di Ombre rosse penetra dentro la sfida all’O.K. Corral come provenisse da un altro spazio e da un altro tempo, ormai passati. La diligenza fantasma è cinema nel cinema che rompe il silenzio creando un cortocircuito nella narrazione: fumo, spari e un fazzoletto bianco che svolazza nel vento, reliquia di un’esistenza arresa.
Ispirato dal libro Wyatt Earp Frontier Marshall di Stuart N. Lake, rifacimento molto libero di Frontier Marshall (1939) di Allan Dwan, Sfida infernale è un esempio paradigmatico di noir-western, cioè di opera che trascende il suo genere per parlare del contesto storico e sociale. La storia si tramuta in leggenda non solo nei duelli e nelle sparatorie ma principalmente attraverso i conflitti interiori di uomini e donne, apparentemente ordinari, impegnati in azioni straordinarie.
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